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Etna

Non è possibile venire in Sicilia senza visitare l’Etna, un magico mondo a parte dove tra una incomparabile varietà di panorami si prova la sensazione di avvicinarsi al centro pulsante della terra.

Il maggiore vulcano attivo d’Europa, alto circa tremila e trecento metri (l’altezza varia con le eruzioni), l’Etna è un microcosmo dalla ricchissima natura colma di contrasti: sulla cima, surreali paesaggi lunari con deserti lavici, grotte, crateri fumanti, sulle fertili pendici, in alto, lussureggianti pinete e boschi nordici, e scendendo, i neri muretti a secco che circondano le terrazze delle vigne segnando le vie del vino etneo e gli alberi del migliore pistacchio che ci sia.

La montagna, così viene chiamato qui il vulcano, è sentito dalle popolazioni del luogo, più che come distruttrice, come potenza benefica, dispensatrice di fecondità: le terre vulcaniche ricche di sostanze minerali, danno magnifici frutti dal gusto particolare (olive, uva, pistacchio, noci e nocciole, ma anche mele, fragole e pesche) e questa ambivalenza si riflette nelle innumerevoli stratificazioni mitologiche che hanno come scenario l’Etna.

Sede dell’Ade o dei ciclopi che vivono nei suoi antri, fucina del dio Vulcano o ventre della grande madre terra, l’Etna nella maggior parte dei miti più antichi è legata alle concezioni matriarcali: qui nel sottosuolo sono prigionieri, dopo esser stati sconfitti dagli dei, i Giganti, figli della madre terra Gea; qui piange la dea della fertilità Demetra dopo il ratto della figlia Persefone, personificazione della primavera (entrambe le dee erano molto venerate in Sicilia); numerose sono anche le leggende popolari molto più tarde come quella che narra dell’immortale Re Artù che in una grotta attende il ritorno in Patria.

Qui vi proponiamo alcuni itinerari in macchina e facili passeggiate a piedi: al ricevimento vi forniremo tutte le informazioni e le cartine necessarie, ma sono tantissime le attività sull’Etna che possiamo organizzare.

In Hotel noleggiamo mountain bike (su prenotazione) e organizziamo, oltre alle consuete gite in bus, anche escursioni in jeep off road o trekking con la guida di geologi che vi porteranno nei punti con i panorami più spettacolari e vi insegneranno a leggere i fenomeni provocati dalle eruzioni mostrandovi i diversi colori e le varie conformazioni delle colate laviche (le sciare), i vecchi crateri spenti e le nuove bocche, e vi faranno percorrere qualcuno degli innumerevoli sentieri-natura del Parco Naturale dell’Etna tra pinete, boschi di betulle, macchie di ginestra, castagneti.

E’ anche possibile, ma solo con l’ausilio delle guide e se le condizioni del vulcano lo permettono, arrivare proprio in cima con una lunga camminata a piedi, al Centrale, alla Bocca Nuova e al Nord Est che sono i crateri sommitali dell’Etna per provare l’ebbrezza di affacciarsi sul centro della terra.

Organizziamo gite alle suggestive grotte sotterranee di scorrimento e di frattura del vulcano (alcune ricoperte di stalattiti di ghiaccio) che è possibile esplorare in assoluta sicurezza, accompagnati da esperti speleologi e dotati di tutta l’attrezzatura tecnica necessaria.
Da fine dicembre a marzo invece, quando il vulcano è ricoperto da una spessa coltre di neve, si possono fare escursioni a piedi con racchette da neve, sci e sci di fondo.
Per i bambini e ragazzi vi sono anche dei parchi avventura costituiti da una serie di percorsi acrobatici in altezza realizzati mediante passaggi sospesi tra gli alberi, che si differenziano per difficoltà e dove sia i bambini piccoli che i ragazzi, sotto la vigilanza e le indicazioni degli istruttori, possono mettere alla prova il proprio equilibrio, la velocità e la capacità di superare ostacoli.

In queste pagine vi suggeriamo vari itinerari per esplorare le pendici e i paesi Etnei o arrivare dove finiscono le strade dei due versanti, molto diversi fra loro ma ugualmente splendidi: a Nord si raggiunge Piano Provenzana e a Sud, Rifugio Sapienza. In entrambi bisogna lasciare le macchine e sono presenti le guide con le quali è possibile giungere vicino ai crateri sommitali: a Nord con dei fuoristrada e a Sud prima in funivia e poi con i fuoristrada.
Dall’hotel Palladio prendete il Corso Umberto (ss114) e proseguite sempre dritti sino a imboccare l’autostrada A18 in direzione Catania.

Etna Nord

Dall’hotel Palladio per giungere in cima al versante Nord dell’Etna i km sono 27 e l’uscita dell’autostrada è Fiumefreddo di Sicilia: si prende la SS120 attraversando i paesi di Piedimonte Etneo e Linguaglossa per imboccare poi la strada Mareneve che giunge a Piano Provenzana (quota 1800 m).

Salendo sul versante Nord attraverserete Linguaglossa, il paese, fu spesso minacciato da lingue di lava incandescente. La piazza centrale ha un bel panorama e la facciata della Chiesa Madre, in pietra lavica e arenaria. Da qui si imbocca la panoramica strada Mareneve che giunge fino a Piano Provenzana.

Sugli ampi tornati della Mareneve incontrerete vigneti, alberi di ciliegio, melo, nocciolo, castagno e querce, attraverserete la splendida pineta di Linguaglossa purtroppo in parte distrutta dalla colata del 2002 che ha lasciato un paesaggio spettrale di grigi alberi bruciati, per passare poi a un territorio desertico percorso da fiumi di nera roccia (le sciare: colate laviche solidificate) e screziato di gialli cespugli di ginestra.

Tutti i mezzi si devono fermare a Piano Provenzana, magnifico anfiteatro naturale posto a 1800 metri e da qui è possibile arrivare in cima con le guide su delle jeep. Le risalite ai crateri centrali sono meno regolari che sul versante sud (dove da aprile ad ottobre c’è la funivia continuamente in funzione), ed è conveniente telefonare prima per sapere gli orari.

L’escursione con i fuoristrada da Piano Provenzana, dove la stazione turistica è stata distrutta dalla colata del 2002, parte da quota 1.810 metri per raggiungere quota 2800.
Si percorre una pista, tracciata fra distese di lava e sabbia vulcanica lungo la frattura apertasi durante l’eruzione del 2002, dove si apre uno straordinario panorama: si sovrastano le splendide catene montuose dei Peloritani, dei Nebrodi e delle Madonie e la vista spazia della costa jonica alla tirrenica, dalle coste siracusane alla Calabria, da Taormina alle isole Eolie. La pista continua fra concrezioni di lava che creano fantasmagoriche sculture naturali e le numerose fumarole, scaturenti da fratture di eruzioni dal 1923 al 2002, e le colate laviche delle eruzioni dal 1956 al 2002.

A quota 2.800 metri si arriva in una vasta pianura chiamata “Piano delle Concazze” dominata dal cratere di Nord-Est dove si trova, sul rilievo di “Pizzi Deneri”, l’osservatorio vulcanologgico.
Da questa zona, nei giorni di buona visibilità si gode la vista delle sottostanti valli del “Leone” e del “Bove”, quest’ultima spettacolare ed enorme vallata, orginata dal collasso di un complesso vulcanico precedente l’Etna, in cui sono visibili innumerevoli colate sovrapposte.
Da Piano delle Concazze l’escursione prosegue verso la vetta, fino alle quote consentite dalle Autorità competenti per ritornare a Piano Provenzana.

Tra il bosco delle betulle etnee e l’antichissimo castagno dei cento cavalli

Da Piano Provenzana invece di tornare indietro sulla stessa stada potete ridiscendere in direzione di Fornazzo poiché in questo tratto della strada Mareneve vi è un susseguirsi di diverse tipologie di boschi che variano in funzione dell’altitudine, e vi troverete un bellissimo Bosco di Betulle dell’Etna, che si estende esclusivamente in questo versante da quota 1600 a 1760 m.s.l.m.

Sulle basse pendici del versante orientale dell’Etna, si trovano numerosi paesini agricoli che sfruttano la fertilità del suolo vulcanico per coltivare vite ed agrumi.

Arrivati a Fornazzo, si giunge fino alla possente colata lavica che, nel 1979, ha deviato risparmiando la piccola Cappella del Sacro Cuore (sulla sinistra) anche se si è appoggiata ad uno dei muri ed è penetrata un poco all’interno. La cappella fa parte dei luoghi (numerosi in Sicilia) in cui fedeli vedono, nella deviazione della lava un evento miracoloso, e sono dunque meta di pellegrinaggio. Da Fornazzo una breve deviazione sulla sinistra permette di raggiungere il paese di Sant’Alfio dove, poco distante dal grazioso centro storico, troverete il vecchio patriarca, il Castagno dei Cento Cavalli: la sua età è stimata tra i 2000 e i 4000 anni ed è considerato l’albero più antico e più grande d’Europa. La leggenda vuole che la regina Giovanna d’Aragona ed il suo seguito di cento cavalieri sotto le sue enormi chiome trovarono piacevole riparo. Ritratto e descritto da numerosi viaggiatori e studiosi nel ‘700 e nell’800, il Castagno è oggi, protetto da una recinzione.

Etna Sud

Dall’hotel Palladio per arrivare in cima al versante Sud i km sono 47 e l’uscita dell’autostrada è Giarre: poi si prosegue passando il paese di Santa Venerina in direzione Zafferana Etnea seguendo sempre le indicazioni Etna sud sino a giungere al Rifugio Sapienza (quota 1900 m).

Se scegliete il versante Sud la vegetazione è meno ricca che su quello nord ma il meraviglioso panorama spazia su tutta la costa orientale e al Rifugio Sapienza a 1900 metri (dove bisogna lasciare le macchine) troverete i crateri Silvestri: antiche bocche oramai spente che si possono visitare dall’interno. La risalita al cratere centrale qui si fa a orario continuato dalle 9 alle 15,30 (se le condizioni atmosferiche lo consentono) in funivia fino a 2500mt e poi in pulmini con le guide sino alla Torre del filosofo a 2900mt. Dalla Torre del Filosofo si può passeggiare in tutta sicurezza fra i crateri spenti ma ancora fumanti e si gode l’emozionante vista di tre dei quattro crateri sommitali: a destra il cono quasi perfetto del cratere di Sud-Est, al centro la cosiddetta voragine centrale e a sinistra il cratere di Sud-Ovest conosciuto anche come la Bocca Nuova.

La risalita con la funivia e i pulmini è abbastanza costosa ma giungere vicino alle bocche attive del vulcano è un’esperienza unica.

Passeggiata a Monte Zoccolaro con vista sulla Valle del Bove

Prima di arrivare al Rifugio Sapienza potete fare una deviazione per una bellissima passeggiata nei boschi che finisce sulla grandiosa valle del Bove: enorme serbatoio di innumerevoli colate laviche.

Dopo Zafferana-Etnea sulla strada SP92 imboccare il bivio con indicazioni per Monte Zoccolaro. Percorsi alcuni chilometri sempre in auto si giunge ad uno spiazzo. Da qui, posteggiata l’auto, sulla sinistra inizia una strada in terra battuta. Dopo un centinaio di metri ha inizio il sentiero in mezzo a un rigoglioso bosco a prevalenza di castagni alternati a betulle dell’Etna. Il sentiero è molto stretto e ripido, lungo circa 1,5 km. Non vi sono deviazioni per cui occorre soltanto non lasciare mai il sentiero battuto. Il sentiero giunge alla croce di Monte Zoccolaro, a quota 1739. Da qui si gode un bellissimo panorama della Valle del Bove, per cui in presenza di eventuali eruzioni dentro la valle, si presta ad essere un ottimo punto di osservazione.

Il percorso non è percorribile in mountain bike.

Tempo di percorrenza è di circa 45 minuti in salita.

La ferrovia Circumetnea

Un modo insolito per scoprire le pendici della montagna, intorno al vulcano, è di viaggiare con i vagoncini della ferrovia Circumetnea, la vecchia linea che parte da Catania per arrivare a Riposto (a 20 chilometri da Giardini raggiungibile con l’autostrada o il treno).

Caratteristiche della linea

LUNGHEZZA: km. 110, 963

PENDENZE MASSIME: 36 per mille

VELOCITÀ MASSIMA: 60 km/h

Chi intende partire da Catania potrà usufruire del servizio metropolitano dalla fermata di Catania Centrale scendendo al capolinea di Catania Borgo.

Da lì, emersi in superficie, si prende l’automotrice a scartamento ridotto: si potrà provare come si viaggiava, fino a qualche anno fa, sulla rete a scartamento ridotto FS con in più l’eccezionale paesaggio etneo.

Subito dopo la partenza inizia una forte rampa e tra le case della periferia iniziano a fiancheggiare la ferrovia le nere rocce laviche, che non ci abbandoneranno fino all’arrivo: qui si tratta della colata del 1669, che raggiunse e distrusse Catania, poi, superato Misterbianco, si apre un grandioso panorama verso la montagna con una vegetazione che varia continuamente. E’ una campagna fittamente coltivata: gli agrumeti lasciano il posto agli ulivi, a qualche raro vigneto, ai fichidindia coltivati in maniera intensiva.

Sfilano uno dopo l’altro i popolosi centri abitati che cingono il vulcano su questo versante: Paternò, S.Maria di Licodia, Biancavilla, Adrano. L’ingresso nei paesi è sempre suggellato da un fischio lacerante, il tempo di attraversare le brutte zone di espansione urbana e subito dopo la brusca fermata nella stazione.

Non bisogna stupirsi se d’improvviso il convoglio si arresta in mezzo alla campagna: le fermate sono a richiesta, fino a qualche tempo fa, servivano ai contadini per raggiungere il fondo agricolo e tornare quindi in paese, adesso possono divenire la base di partenza per interessanti escursioni. Ad esempio dalla stazioncina di Passo Zingaro si può risalire attraverso una mulattiera in mezzo a coltivazioni di pistacchio e antiche colate sino a monte Minardo, oppure dalla fermata Gurrida si può raggiungere il vicino lago, interessantissimo punto di osservazione ornitologico.

Superato Bronte il tracciato della Circumetnea si immerge in una splendida colata costituita da lave a corda e raggiunge la sua quota massima all’altezza dell’altopiano di Maletto in contrada Difesa, dalla quale lo sguardo spazia verso i crateri sommitali.

A Randazzo si è circa a metà strada: si può fare una sosta per visitare il centro storico prima di iniziare la discesa lungo la vallata dell’Alcantara. La campagna inizia a essere punteggiata da fastose ville, e il treno della Circumetnea percorre i pregiati vigneti della Solicchiata.

Paesi e frazioni vengono superati uno dopo l’altro mentre in lontananza si scorge nuovamente il baluginare dello Ionio e ai lati della ferrovia ricompaiono gli agrumi.

Il treno della Circumetnea conclude la sua corsa alla stazione di Riposto.

Paesi Etnei, Randazzo

Raggiungibile dall’Hotel Palladio con l’autostrada A18 direzione Catania, uscita Fiumefreddo di Sicilia, quindi proseguire sulla S.S. 120 per Piedimonte Etneo, Linguaglossa, Randazzo.

Cittadina con molte chiese e palazzi di stile gotico costruiti in pietra lavica, posta a 754 metri sul livello del mare, tra l’Etna e le ultime propaggini dei Nebrodi, sorge su un lastrone di basalto lavico, a strapiombo sul fiume Alcantara con un paesaggio reso ancora più suggestivo dalle rovine delle mura di cinta e dall’antico e turrito castello, che sovrasta con la sua mole l’ampia timpa di San Giovanni.

L’abside e i muri perimetrali della chiesa di Santa Maria sono fra gli esempi più belli di architettura con pietra lavica.

La struttura urbanistica della città è tipicamente medievale. Sempre risparmiata dal magma – benché sia il centro più prossimo al cratere principale del vulcano – la cittadina

è caratterizzata dalla presenza di viuzze strette, tracciate a semicerchio, grandi piazze, chiese e scalinate, terrapieni verdi con pergolati di viti e alberi da frutto, palazzi con facciate decorate da artistici portali in pietra lavica e bifore e trifore finemente ornate. Da visitare il museo archeologico Vagliasindi.

Paesi Etnei, Bronte

(circa 40 km.) Da Randazzo procedere lungo la S.S 120 sino a Bronte).

Va visitata per la splendida cappella romanica di S. maria di Maniace con il suo suggestivo monastero poi divenuto il castello di Nelson (ed è ora visitabile) e per assaggiare la magnifica pasticceria a base di pistacchio. Il sapore del rinomato pistacchio coltivato nel comune di Bronte si differenzia per qualità, dolcezza ed aroma dai pistacchi californiani o iraniani comunemente in commercio, l’Unione europea gli ha conferito la Dop, la Denominazione di origine protetta.

La città fu in successione governata da Greci, Cartaginesi e Romani. Nel 1040 l’armata Normanno-Bizantina guidata dal Generale Maniace sconfisse qui i Saraceni in una memorabile battaglia che diede il nome al Monastero di S. Maria di Maniace, costruito nel tardo 12th secolo. L’abbazia di Maniace, pesantemente danneggiata da un terremoto verso la fine del 12th secolo, fu in seguito ricostruita. Comprende uno splendido parco ed la bella chiesa Arabo-Normanna, contenente molti pezzi interessanti, fra cui vi è un prezioso polittico del 1200 che mostra la Vergine sul Trono con San Biagio, S. Antonio Abate e Santa Lucia.

E’ passata attraverso diverse mani, a cominciare dai Frati Benedettini e Basiliani, e fu infine concessa all’Ammiraglio Nelson dai Borboni come ricompensa per la sua terribile repressione della rivoluzione napoletana. Premio per una sanguinosa repressione, la ducea fu causa di un’altra: all’arrivo di Garibaldi in Sicilia i Brontesi credettero che la sua vittoria avrebbe significato la restituzione della ducea al comune e reclamarono la distribuzione delle terre, delusi si rivoltarono: Bixio arrivò a reprimere nel sangue i moti. Ma su questa storia bisogna leggere Sciascia:
QUEL BAGNO DI SANGUE PER UN PEZZO DI SCIARA
La fame di terra, di queste sciare aride e nere che con indicibile pazienza e travaglio l’uomo sa mutare in giardini, qui ha generato sanguinose rivolte contadine: come quella che nell’agosto del 1860 ciecamente fu repressa da Nino Bixio a Biancavilla, Randazzo, Cesarò, Maletto, Bronte; e a Bronte con particolare rigore, poiché della fame dei contadini era oggetto anche il feudo che il re Borbone aveva donato nel 1799 all’ammiraglio Nelson, la famosa ducea di Bronte che solo ora è stata, come si dice con termine legale, “scorporata” dall’antica usurpazione (prima che dal re Borbone era stata usurpata nel 1491, dal Papa; e per secoli i cittadini di Bronte hanno lottato per i diritti del Comune sul feudo, giudiziariamente e con tragiche rivolte). A Bronte la parola “comunisti” suona da secoli ad indicare il partito, la fazione popolare, che invocava e perseguiva il ritorno al Comune delle terre usurpate e la divisione di esse; in contrapposizione al partito “ducale”, in cui la classe degli abbienti, sostenendo la grande usurpazione, rappresentata dalla ducea, faceva schermo alle piccole usurpazioni proprie. E’ una storia municipale quanto mai interessante: e per i fatti dell’agosto 1860 attinge a caso di coscienza dello Stato italiano, della nazione; dice quel che il Risorgimento non è stato, idea non realizzata; speranza dolorosamente delusa; e ancora ne portiamo pena e remora. (…) ”Vogliamo le sciarelle”, il grido dall’affocata rivolta, è lontano e irreale, quasi ridicolo, il feudo è come un deserto paesaggio lunare, ma è sorprendente trovarsi d’improvviso, nel cuore di esso, di fronte al castello di Maniace circondato da alberi alti, circonfuso da un suono d’acqua. E gli alberi e l’acqua sembrano evocare nebbia: e si ha l’illusione di stare dentro un pezzo di campagna inglese. Ché dovunque l’uomo porta l’immagine della propria patria: e gli amministratori inglesi della ducea, forse anche senza averne coscienza, qui hanno ricreato gli elementi della loro terra lontana. E ad entrare nel castello, che è poi l’antica abbazia di Santa Maria di Maniace, la suggestione si fa più profonda: nel cortile è una croce di pietra lavica, ma di forma da noi inconsueta, borchiata, in memoria di Nelson; nella chiesa sono sepolti gli amministratori inglesi del feudo e i loro familiari; e chi sappia qualcosa dei fatti del 1860 è colpito dal nome Thovez, ché Guglielmo e Franco Thovez erano allora gli amministratori. (…) Qui, dove il greco Giorgio Maniace sconfisse nel 1040 i saraceni, nel feudo chiamato appunto della Saracina, la gloria di Orazio Nelson e di Nino Bixio cede nel sangue e nell’ingiustizia: Nelson ha accettato questa terra come compenso di un tradimento e di un massacro, Bixio si è fatto apostolo del terrore invece che della giustizia.

(Tratto da Opere 1971-1983, a cura di Claude Ambrosie, Classici Bompiani)

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