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L’area degli scavi del Parco Archeologico di Naxos e Taormina

Il parco archeologico a Giardini Naxos è uno dei luoghi più affascinanti di questo territorio: qui tra vegetazione e panorami magnifici è possibile seguire i tracciati della prima colonia greca Siciliana fondata, nell’VIII secolo a. C., all’estremità sud della baia di Naxos, nella penisola originata da uno spettacolare fiume di lava giunto sino al mare in epoca preistorica.
Su questo fertile promontorio (cosi diviene la terra originata dalla trasformazione della lava) approdarono i coloni Greci per costruirvi la loro prima città in Sicilia, chiamandola Naxos in onore dell’isola dell’Egeo, patria di alcuni membri della spedizione.

Dalla nuova Naxos inizia la storia della Sicilia greca che diverrà, nel V secolo a.C., col dominio di Siracusa, una potenza autonoma in lotta per l’egemonia sul Mediterraneo. E fu Siracusa (la più grande città europea dell’epoca) nel 403 avanti Cristo a distruggere radicalmente Naxos per vendicarsi della sua alleanza con Atene. Il centro urbano si sposterà di poco, a Taormina sorta sul monte Tauro, fondata dai sopravvissuti di Naxos e nella baia rimarrà il porto con il suo arsenale di navi e le fornaci che continueranno a produrre anfore anche in epoca romana.
La colonia di Naxos, con la sua vita di pochi secoli, non arrivò ad affrontare le trasformazioni dell’età ellenistica e romana: il sito di Naxos è dunque un raro esempio di impianto arcaico su cui non si è mai più edificato e questo lo rende ancora più prezioso per le ricerche archeologiche sull’urbanistica originaria delle colonie. Ricerche fondamentali, dato che è proprio nelle colonie greche a nascere, in occidente, il concetto stesso di urbanistica: nelle colonie, per la prima volta, le città non nascono spontaneamente come casuali e successivi agglomerati di edifici ma è necessario pianificare sin dall’inizio la loro disposizione e difesa in un territorio abitato da potenziali nemici.

Oggi il sito archeologico di Naxos, luogo di una ricerca d’eccellenza, ricco di scavi e di scoperte,  è una grande area verde, felicemente strappata, dalla risolutezza di pochi cittadini e archeologi, alla terribile ondata di speculazioni edilizie degli anni settanta del secolo scorso che tanto ha deturpato parte delle coste italiane e che alla periferia di Giardini Naxos ha portato allo scempio del quartiere dormitorio di Recanati, scandalosamente costruito su una parte del terreno della colonia. Nella parte salvata (fortunatamente grande) è stato istituito il museo e il parco archeologico di Naxos dove, circondati da una lussureggiante vegetazione, con l’Etna sullo sfondo e splendidi scorci della baia e del monte di Taormina, si passeggia nell’antica città, tra le sue larghe vie, le fortificazioni di pietra lavica, frammenti di edifici sacri e abitazioni, di altari e fornaci.

Anche se, per occhi non esperti, è difficile ricostruire l’immagine della prima colonia di cui non restano che le fondamenta (per comprendere quanto fosse ricca e colorata la città bisogna visitare il museo, all’interno del sito, in cui sono esposti molti degli elementi architettonici che decoravano gli edifici), il parco di Naxos è un luogo incantato che dà la l’emozione di essere fuori dal tempo. All’interno del parco archeologico svanisce alla vista (e all’udito) l’animato paese turistico e si è immersi in una meravigliosa macchia mediterranea mista a piante subtropicali con palme, alberi di aranci, limoni e mandarini, sculture di cactus, enormi agavi, olivi contorti, noci, nespoli, macchie di oleandri, e filari di cipressi, e perfino le colture raccontano qui brani di storia siciliana: gli agrumi e i sistemi di irrigazione, rimasti ancora oggi gli stessi, introdotti dagli arabi, grandiosi alberi di gelso che ricordano la produzione della seta in Sicilia.

All’interno dell’ parco archeologico di Naxos si trova il museo, un edificio a due piani, costruito accanto ai resti di un fortino del XVII- XVIII, che, attraverso preziosi ritrovamenti degli scavi, racconta la storia dell’espansione greca in Sicilia, un torrione cinquecentesco con reperti di archeologia subacquea e una torre d’avvistamento del quattrocento.

 Il parco archeologico a Giardini Naxos è aperto tutti giorni dalle 9 ad un’ora prima del tramonto, il museo è aperto il lunedì dalle 9 alle 14. Tutti gli altri giorni dalle 9 alle 14 e dalle 15 alle 19.

L’ingresso costa 4 Euro (ingresso gratuito per i cittadini della Comunità Europea di età inferiore ai 18 anni e superiore ai 60 anni).

L’entrata è accanto al Castello medievale di Schisò (chiamato anche Palazzo Paladino), raggiungibile dall’Hotel Palladio con una passeggiata a piedi di 15 minuti sul lungomare.

Il Museo di Naxos. Tre secoli di vita quotidiana, e non solo

Il museo di Naxos, all’ingresso del Parco archeologico, espone i numerosi reperti della colonia greca raccolti in quasi cinquant’anni di scavi; ma documenta anche il sito nel periodo neolitico, nell’età del Bronzo e del Ferro.
Il museo archeologico di Naxos è stato inaugurato nel 1979, a coronamento di una lunga e difficile ricerca condotta da Paola Pelagatti. Ora che larga parte dell’antica area dell’antica area della colonia è demaniale ed integralmente visitabile, il museo rappresenta un’efficace presentazione alla visita degli scavi. Costruito sul capo Schisò, sfruttando lo spazio di un fortino borbonico, che ingloba un torrione costruito nel tardo ‘500 a guardia dell’imboccatura del porto, il museo è strettamente legato al sito di Naxos: un tratto dell’antico muro di cinta attraversa il suo giardino e dal museo prende inizio l’itinerario che si snoda all’interno dell’area urbana.
Le raccolte del museo sono formate in massima parte da reperti dalla numerose campagne di scavo condotte nel sito da quasi cinquant’anni. Ad essi si aggiunge un piccolo nucleo di materiali acquistati a Taormina da Paolo Orsi o provenienti da ricerche da lui condotte.
E’ il caso dei corredi di tre sepolture diCocolonazzo di Mola (scavi del 1919), che, risalenti alla seconda metà dell’VIII secolo a.C., rappresentano efficacemente l’incontro tra coloni e popolazioni locali sicule. Sempre a Paolo Orsi e alla sua attenta sorveglianza dell’allora fiorente mercato antiquario di Taormina si devono gli utensili provenienti da un ripostiglio di Malvagia della tarda età del Bronzo e lo splendido elmo decorato dei primi decenni del IV secolo a.C., rinvenuto a Mojo, entrambi siti della bassa valle dell’Alcantara.
Un’ultima eccezione è costituita da un’acquisizione molto più recente: si tratta dell’arula detta di Heidelberg-Naxos (530 a.C.), con sfingi affrontate, ricomposta da Paola Pelagatti ricongiungendo un frammento conservato presso il Museo dell’università diHeidelberg con un altro frammento da lei stessa acquistato nel 1973 a Giardini. La ricomposizione, avvenuta solo nel 1997, ha arricchito il museo di un esempio notevole di coroplastica prodotta a Naxos sul finire del VIsecolo a. C.
Per il resto, l’ esposizione segue il criterio cronologico ed insieme topografico, con particolare attenzione al raggruppamento di alcune classi di materiali, quali soprattutto le lastre di rivestimento architettonico e le antefisse a maschera silenica, che rappresentano una delle prodizioni più significative di Naxos. Con diversi tipi, essa si sviluppa ininterrottamente a partire dagli ultimi decenni del VI sino a tutto il V secolo a. C., offrendo una testimonianza della diffusione del culto di Dionisio, la cui immagine caratterizza la monetazione di Naxos sin dalle prime emissioni.

Itinerario archeologico

Uscendo dal Museo archeologico, si entra direttamente nel sito urbano di Naxos. Le sue fortificazioni attraversano il giardino e corrono parallele al fortino borbonico e al torrione dove si trova il museo. A destra si scorge il complesso del Castello di Schisò con palma svettante; più vicini sono i resti dell’abitato bizantino, costruito direttamente al di sopra delle strutture del più antico insediamento arcaico dei secoli VII-VI a. C. Da qui è raggiungibile, attraverso un viottolo ombreggiato da un grande gelso, il versante orientale delle fortificazioni arcaiche della città, che puntano verso il castello con una bella vista sulla baia.

Riprendendo il sentiero principale, ora pavimentato, si raggiunge il tempietto C del VII secolo a.C., ricoperto da abitazioni del V secolo; abitazioni che si aprono su una delle strade nord-sud, lo stenopòs 11, percorribile sino all’incrocio con la plateia A, l’asse est-ovest principale dell’impianto del V secolo a.C. Della plateia si segnalano la notevole larghezza (9,50 metri), le canalette laterali ben lastricate e le case che su di essa si affacciano. Abitazioni del tardo VIII secolo a.C. si estendono al di sotto della plateia. Importante testimonianza del primo stazionamento coloniale. Tornando indietro e percorrendo per 200 metri il sentiero principale si giunge alla plateia B, il più meridionale degli assi stradali est-ovest della città classica. All’imbocco della plateia si trovano due ampie abitazioni a pianta quadrata, con corte centrale scoperta. Notevolmente più stretta della platea A, ma come questa fiancheggiata da canalette lastricate, la platea B è percorribile sino alla porta urbica 3. All’intervallo regolare di 39 metri, essa è interrotta dagli incroci con le arterie nord-sud, tutti contrassegnati da basi d’angolo quadrangolari.

Usciti dalla stretta porta, si ammirano le fortificazioni: in tecnica poligonale ciclopica, hanno su questo versante l’aspetto imponente di una muraglia. Rientrando nella città, si accede al santuario sud-occidentale attraverso la porta monumentale: qui sono in luce le fondazioni del grande tempio B (fine VIsecolo a. C), sovrapposte ad un più antico edificio sacro, sacello A, della fine del VII secolo.
Sul versante meridionale, in lieve declivio, si osservano sotto una tettoia i resti ben conservati di due fornaci della fine del VII secolo a. C. Il vicino altare rettangolare, con gradini su uno dei lati lunghi, è databile ai primi decenni del VI secolo). Il propileo meridionale, Porta Marina, non è praticabile, chiuso in antico per problemi difensivi da un filare di blocchi. Il, magnificamente conservato, muro di recinzione sud del santuario, muro D (primi decenni del VI secolo) è raggiungibile attraverso un moderno passaggio presso il lato orientale del propileo. E’ da segnalare come il muro D sia l’esempio più antico in Occidente di tecnica poligonale a giunti curvi.

Presso l’estremità occidentale del muro si possono notare, addossati, i resti di una torre quadrangolare delle più tarde fortificazioni

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